…. e l’uragano del 1885.
Costruita in un angolo del vasto altopiano della Marcésina e poco distante dalla Palù, fa bella mostra di sé la chiesetta campestre di Marcésina, intitolata a San Lorenzo. Una targa ne ricorda in sintesi le vicende che la riguardano:

Questa chiesetta fu eretta nel 1741 da Giovanni Battista Carli di Asiago, Cancelliere della Reggenza dei 7 Comuni.
Aveva in affitto alcune malghe, condotte da suoi familiari.
La chiesa servì, allora come oggi, a celebrare la messa a beneficio dei malghesi di Marcésina e dintorni.
Distrutta durante la guerra 1915-18, fu ricostruita usando parte delle pietre ivi recuperate.
Su alcune si può notare l’incisione, anche rovesciata:

…LAMANTIS… – …O. PARATE V…

Altri frammenti dell’incisione consentono di ricomporre il motto di S. Giovanni Battista cui originariamente la chiesa era intitolata:

EGO SUM VOX CLAMANTIS IN DESERTO. PARATE VIAM DOMINI
1741

(Io sono la voce che chiama nel deserto. Preparate la via al Signore)
Il figlio di Giovanbattista Carli, Lorenzo, cambiò l’intitolazione della chiesa con quella attuale. Il sacro edificio è del Comune di Enego che l’ha affidata alla custodia della locale sezione dell’Ass. Alpini.
Fra le lapidi circostanti, se ne trova una che costituisce un monito per coloro che entrano nella palude o vi fanno entrare animali:

Martedì 10 giugno 1742
Il figlio del Decano Pietro Carli,
Marco, caduto nella palude
Morì.

Il luogo ha una notevole valenza storico ambientale: non è molto distante dagli imponenti cippi confinari della Repubblica di Venezia e i domini asburgici, numerati, posti nel 1752 dopo il Congresso di Rovereto (1750) – importante il megalite n.1, sullo strapiombo della Valsugana, il famoso “Hanepos” (incudine) – ed è vicino alla palude, ambiente naturalistico di rilevanza internazionale. Naturalmente ci sono anche le malghe con il loro buon formaggio, la cui presenza è documentata sin dal 1261.

Come si è detto, la Chiesetta fu distrutta durante la Grande guerra e della stessa ci rimane solo l’immagine delle macerie (1919): così almeno sinora, dato che non si trovano foto d’anteguerra. All’epoca – dalla soppressione della Reggenza dei Sette Comuni fino al 1925 (anno in cui fu completata la ricostruzione) – la piana di Marcésina era parte delle montagne amministrate dal Consorzio dei Sette Comuni che le aveva ereditate dalla Reggenza la quale le aveva riscattate da Vicenza dopo una secolare lite giudiziale. La chiesetta, di giuspatronato della famiglia Carli, era passata alla competenza della Reggenza, indi del Consorzio ed ora del Comune di Enego, il cui parroco deve far messa per i malghesi con onere a carico del comune stesso, che nel 1879 comportava una spesa di Lire 12,25 (all’epoca era Presidente del Consorzio l’Avv. Giulio Vescovi, esperto della lingua cimbra). Orbene nel 1885 era Presidente del Consorzio Eugenio Lazzari il quale era preoccupatissimo dello stato della Chiesetta, semidistrutta da un uragano capitato nell’estate di quell’anno. Il 15 dicembre aveva convocato il consiglio del Consorzio e, richiamando un suo precedente intervento del 19 ottobre esordì ricordando che un violento uragano ebbe quasi a distruggere o per lo meno rendere inservibile la chiesa esistente nella località Marcesina di proprietà del Consorzio dei 7 Comuni per cui presentava alla Deputazione un progetto dell’ingegnere Franceschi per la costruzione ex novo di altra chiesa, più grande di quella attuale, aumentando sempre più nella stagione estiva, la popolazione che va a pascolarvi su quell’altopiano le armenta. Il progetto prevedeva una navata unica con piccola abside coro e sagrestia retrostante; non era considerato il campanile, sostituito però da una veletta posta in cima al frontespizio.

Che la chiesetta fosse diventata troppo angusta ce lo conferma l’Ab. Modesto Bonato, ricordando che alla messa partecipavano 80 e più malghesi e loro famiglie, provenienti anche dalle confinati malghe di Grigno. Probabilmente il Lazzari aveva ben in mente il fatto che abbisognasse di essere allargata. Detto per inciso il costo preventivato era di Lit. 9.500 una cifra non troppo alta (anche se è ingannevole calcolare il valore della lira dell’epoca in Euro, risultando appena 43.000 Euro circa).

Ma non se ne fece niente. Trent’anni dopo ci avrebbero pensato i bombardamenti a distruggere la chiesa settecentesca; il luogo è ben godibile per il suo fascino e se il cielo è limpido, durante la notte consente di ammirare un cielo di una bellezza incredibile!

a cura di Giancarlo Bortoli